Diventare genitore o ricoprire il ruolo di educatore, implica essere posto davanti a continue scelte.
A partire dai primissimi giorni di vita del bambino, l’adulto è portato a fare un grande lavoro di ascolto su se stesso.
Che genitore voglio diventare?Quale linea educativa voglio seguire?Non sarò mai oppure voglio seguire esattamente le orme di mia madre/mio padre.
Ascoltare noi stessi, ci porta prima di tutto a conoscere e comprendere le scelte che ci spingono ad adottare un determinato comportamento. Questo rende il nostro compito educativo autentico e consapevole: spieghiamo, trasmettiamo, diamo regole perché stiamo contribuendo all’educazione nel senso letterale della parola: educare, dal latino e-ducere ovvero condurre verso.
Affrontare il ruolo di educatore in modo consapevole può aiutare tantissimo la relazione con i bambini. Un adulto, genitore o educatore, accogliente e presente favorisce le basi per la costruzione di competenze emotive e autostima.
Oggi questo tipo di approccio viene definito disciplina dolce: una modalità di educazione che mette l’ascolto dei propri bisogni e di quelli del bambino al primo posto. Chi si avvicina a questo approccio, sostiene prima di tutto la prospettiva evoluzionistica del bambino, considerandolo un cucciolo di mammifero e rispondendo ai suoi bisogni in quanto tale (allattamento al seno, contatto pelle a pelle, sonno condiviso, autosvezzamento).
Anche quando il bambino è più grande, essere vicini alla disciplina dolce significa accogliere e soddisfare i suoi bisogni, rimanendo comunque una guida ferma.
Disciplina dolce infatti non è dire sempre sì. I bambini hanno bisogno di regole precise per potersi muovere e comportare in modo sicuro. Queste regole vengono insegnate tramite il dialogo e l’esempio da parte dell’adulto. I bambini interiorizzano le regole e arrivano a fare o non fare una determinata azione perché ne hanno compreso il significato o il pericolo, non perché intimiditi o impauriti dalla reazione e dalla minaccia dell’adulto. Sono portati a chiedersi il perché di una determinata regola e la accettano perché viene data loro una spiegazione, non perché sono impauriti da una potenziale punizione o sgridata.
Certo, capita di essere sopraffatti da sentimenti come rabbia, senso di inadeguatezza, impazienza ma questa modalità educativa fa vedere le cose da un altro punto di vista e si allontana dalla concezione, frutto del forte retaggio culturale ancora oggi presente, che il bambino è “prepotente e capriccioso”e che deve essere indirizzato a capire “chi comanda”.
L’adulto che utilizza la disciplina dolce come metodo educativo:
- ha un atteggiamento calmo e fermo, è presente per il bambino ed è li per accogliere e contenere le sue emozioni.
- fa attenzione alle parole che utilizza, cercando di usare un linguaggio positivo (invece di dire “non salire sul tavolo” dice “per favore, rimani sulla sedia”)
- è empatico e propone un’alternativa qualora fosse necessaria comprendendo i bisogni che si nascondono dietro ai comportamenti (se il bambino vuole salire sul tavolo l’adulto riconosce il suo bisogno fisiologico di arrampicarsi in quanto bambino, e proporrà di arrampicarsi su una struttura adeguata)
- verbalizza le emozioni del bambino per fargliele comprendere: dare un nome a quello che il bambino sta provando lo aiuterà a viverlo e ad affrontarlo meglio (hai ragione a voler salire sul tavolo, è molto divertente e tu sei molto coraggioso)
- verbalizza le proprie emozioni (questa cosa purtroppo non posso lasciartela fare perché ho paura che tu ti faccia male)
- ascolta i propri limiti: decide se a un dato comportamento può venire proposta un’alternativa, può essere assecondato e guidato o se costituisce un divieto.